Lunedì, 15 Giugno 2009 17:53

Ricordiamo un altro grande. Artista e non solo

Scritto da  Gerardo

Ivan della Mea è morto la notte scorsa all'ospedale San Paolo di Milano, aveva 69 anni. Tra i fondatori del Nuovo canzoniere Italiano, dagli anni '90 era direttore dell'Istituto Ernesto De Martino.
Da qui puoi leggere l’articolo dedicatogli dal quotidiano la Repubblica.
Nel seguito, l’articolo di Stefano Miliani.



Nel 1966 Ivan Della Mea scrisse una canzone che iniziava così: “O cara moglie stasera ti prego, / di' a mio figlio che vada a dormire / perché le cose che io ho da dire / non sono cose che deve sentire. / Proprio stamane là sul lavoro, / con il sorriso del caposezione / mi è arrivata la liquidazione, / mi han licenziato senza pietà. / e la ragione è perché ho scioperato”. Ve la riportiamo perché a 69 anni, all'ospedale San Paolo di Milano, il cantautore nonché poeta, scrittore, uomo appassionato del destino degli uomini, un battagliero sostenitore degli ideali di giustizia sociale, uomo di sinistra, è morto nella notte tra sabato e domenica.

Se n'è andato un artista completo, dotato di una capacità rara di cogliere la realtà: lo dimostrò “O cara moglie” che ha accompagnato il '68, le lotte degli anni Settanta e che risuona sorprendentemente, o forse amaramente, attuale nell'Italia dei precari di oggi. Fino all'anno scorso scriveva di tanto in tanto per l'Unità.

Ivan Della Mea è stata una delle figure più importanti di una cultura ancorata alle ragioni di chi lavora o di ha perso o cerca il lavoro. E un musicista autentico: rileggeva in chiave attuale la tradizione e il folk virandola come pochi sanno fare al nostro tempo. Spesso con ironia e con umorismo.

Era nato a Lucca il 16 ottobre 1940, poi andò a Milano e qua, nel 1962, fondò con Gianni Bosio il Nuovo Canzoniere Italiano, formazione essenziale del folk. Ma prima di passare a tempo pieno alla musica fece ogni tipo di lavoro: operaio, scaricatore, fattorino, barista, correttore di bozze.

Ha scritto canzoni e ballate, talvolta in dialetto milanese, senza abbandonarsi alle mode. Ha avuto come compagni di viaggio artisti come Giovanna Marini e Paolo Pietrangeli. E nel 1966 pubblicò per la neonata etichetta musicale «I dischi del sole» il suo primo disco, «Io so che un giorno»: primo capitolo di una narrazione che non ha mai risparmiato critiche a una società che divideva privilegi e fatica. Ivan Della Mea contestava il potere ingiusto, la società capitalista, ma non risparmiava critiche alla sua amata sinistra, quando lo riteneva necessario: anni fa non esitò a scrivere una lettera a Bertinotti in veste di segretario di Rifondazione dicendo in sostanza che la sinistra aveva perso la sua strada, che stava tradendo se stessa accecata dal potere. Lui non ebbe mai benefici dal potere. E “Comunista”, per Ivan Della Mea, non era una parolaccia o un passato da dimenticare.

Di grande umanità e artista versatile, ha inciso dischi come “Il rosso è diventato giallo”, “Se qualcuno ti fa morto”, “La nave dei folli”, “La piccola ragione di allegria”. Tra i libri, perché scriveva molto bene, la sua bibliografia indica “Fiaba d'orso, di bagatto di un giorno centenario» (1984), «Il sasso dentro” (1990), “Se nasco un'altra volta ci rinuncio” (1992, primo Premio Forte dei Marmi« per il libro più divertente dell'anno»), “Un amore di luna” (1994). Infine, a ricordarne la versatilità, va detto che lavorò un paio di volte anche per il cinema: con Franco Solinas scrisse il soggetto dello spaghetti-western «Tepepa» (1969), dieci anni dopo parteciò al film di Paolo Pietrangeli “I giorni cantati” con Roberto Benigni, Melato e Giovanna Marini.

(Stefano Miliani)
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